ULTIMA GENERAZIONE: ROMA, APPESI A UN PONTE SULLA TANGENZIALE PER CHIEDERE LO STOP AI SUSSIDI AL FOSSILE
Gli extra-profitti delle aziende fossili li pagano ancora una volta i cittadini: 3 morti e migliaia sfollati in Romagna e Marche a causa delle esondazioni dei fiumi
Eni investe circa 15 volte di più nei combustibili fossili rispetto alle rinnovabili
“Sono Carlotta e ho 33 anni, oggi sono qui perché non so più cosa fare per farmi ascoltare dal governo. Trovo profondamente ingiusto, sbagliato, immorale e crudele vedere che mentre le famiglie nelle Marche e in Emilia Romagna vivono la paura degli eventi estremi causati dalla crisi ecologica, il nostro governo continui a farsi comandare da Eni, che con sfregio per le famiglie a rischio e in povertà continua a fare soldi investendo in petrolio gas e carbone, cause del disastro che stiamo vedendo in questi giorni. Quanto ancora deve succedere? Quante famiglie ancora devono perdere la casa e vite umane perché si ponga fine a questo orrore? Non sappiamo più cosa fare, chiediamo che si smetta di investire in combustibili fossili e speriamo che la giustizia faccia il suo corso con Eni e il procedimento avviato da Greenpeace e ReCommon”.
IL CANE A SEI ZAMPE ALLA SBARRA. LA “GIUSTA CAUSA” DI GREENPEACE E RECOMMON
Per questo motivo il 9 maggio è stata notificata a Eni l’apertura di una causa civile da parte di Greenpeace Italia, Recommon e 12 tra cittadine e cittadini “per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole”. Alla sbarra non c’è solo Eni: sono stati chiamati in causa anche il ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, in quanto maggiori azionisti di Eni. Lo Stato sembra essere il primo complice di queste politiche distruttive e assassine, oltre che avallando e favorendo le politiche di colossi come Eni, foraggiando con contributi pubblici (40 miliardi al 2021) l’uso dei combustibili fossili. Per questo siamo in strada a protestare: chiediamo lo stop ai sussidi pubblici al fossile.
IL CANE A SEI ZAMPE ALLA SBARRA. LA “GIUSTA CAUSA” DI GREENPEACE E RECOMMON
Per questo motivo il 9 maggio è stata notificata a Eni l’apertura di una causa civile da parte di Greenpeace Italia, Recommon e 12 tra cittadine e cittadini “per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui Eni ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole”. Alla sbarra non c’è solo Eni: sono stati chiamati in causa anche il ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, in quanto maggiori azionisti di Eni. Lo Stato sembra essere il primo complice di queste politiche distruttive e assassine, oltre che avallando e favorendo le politiche di colossi come Eni, foraggiando con contributi pubblici (40 miliardi al 2021) l’uso dei combustibili fossili. Per questo siamo in strada a protestare: chiediamo lo stop ai sussidi pubblici al fossile.